(massima n. 1)
In tema di intermediazione mobiliare, la mera allegazione del fatto che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest'ultimo sarebbe legittimato a riceverle, non vale, in caso di indebita appropriazione di dette somme da parte del promotore, ad interrompere il nesso di causalità esistente tra lo svolgimento dell'attività dello stesso e la consumazione dell'illecito, e non preclude, pertanto, la possibilità di invocare la responsabilità solidale dell'intermediario preponente; né un tal fatto può essere addotto dall'intermediario come concausa del danno subito dall'investitore, in conseguenza dell'illecito consumato dal promotore, al fine di ridurre l'ammontare del risarcimento dovuto. Le disposizioni di legge e regolamentari dettate in ordine alle modalità di corresponsione al promotore finanziario dell'equivalente pecuniario dei titoli acquistati o prenotati, infatti, sono dirette unicamente a porre a suo carico un obbligo di comportamento al fine di tutelare l'interesse del risparmiatore e non possono, quindi, logicamente interpretarsi come fonte di un onere di diligenza a carico di quest'ultimo, tale da comportare un addebito di colpa (concorrente, se non addirittura esclusiva) in capo al soggetto danneggiato dall'altrui atto illecito, e salvo che la condotta del risparmiatore presenti connotati di "anomalia", vale a dire, se non di collusione, quanto meno di consapevole e fattiva acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore, palesata da elementi presuntivi, quali ad esempio il numero o la ripetizione delle operazioni poste in essere con modalità irregolari, il valore complessivo delle operazioni, l'esperienza acquisita nell'investimento di prodotti finanziari, la conoscenza del complesso "iter" funzionale alla sottoscrizione di programmi di investimento e le sue complessive condizioni culturali e socio-economiche.