(massima n. 1)
Il tossicodipendente attivo e refrattario all'intrapresa di un programma di recupero non può essere considerato «di buona condotta» e non può quindi essere riabilitato, quando abbia subito in precedenza condanna penale, potendosi soltanto ammettere, a temperamento di tale principio, la possibilità di una prova contraria relativa all'esistenza di un comportamento sociale che, nonostante la tossicodipendenza, rientri nei canoni di quella che è comunemente definita come «buona condotta». A maggior ragione, poi, non può essere considerato di buona condotta il soggetto che, senza essere tossicodipendente (e senza essere mosso, ovviamente da riconoscibili intenti di recupero), frequenti abitualmente i tossicodipendenti nei luoghi nei quali costoro usano riunirsi e, addirittura, venga trovato in possesso di sostanze stupefacenti. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso avverso diniego di riabilitazione, non è risultato essere stata fornita una prova di positiva valenza, sotto il profilo della buona condotta, del comportamento del ricorrente, tale da obliterare il dato negativo della tossicodipendenza).