(massima n. 1)
Nella materia disciplinata dall'art. 2 del R.D. 25 luglio 1904, n. 523, — cioè tutte le volte che una controversia abbia per oggetto comportamenti od opere che incidano sulla conservazione delle sponde dei fiumi e, in genere, sul regime delle acque e, quindi, anche sul corso dei fiumi stessi — l'azione di nunciazione di un privato nei confronti di altro privato, anche se l'amministrazione non abbia mai esercitato i poteri di polizia ad essa attribuiti da quella norma, non è proponibile, sotto il profilo del difetto di giurisdizione, perché, nonostante la direzione formale della domanda verso il privato autore dell'atto denunciato, l'eventuale provvedimento di rimozione di quell'atto — in quanto necessariamente incidente sulla conservazione delle sponde dei fiumi e sull'andamento del corso di essi ed, in genere, sul regime delle acque demaniali — si sostituirebbe all'apprezzamento discrezionale della P.A., cui è attribuito in via esclusiva, nel suo specifico compito di polizia idraulica ed in funzione preminente dell'interesse della collettività, il potere di stabilire la convenienza o meno del mantenimento o della modificazione della situazione determinata dal detto atto e di adottare ogni eventuale opportuno rimedio. Il privato leso da provvedimenti o comportamenti della P.A. fondati sull'art. 2 del R.D. 25 luglio 1904, n. 523, non è peraltro, privo di tutela giurisdizionale. Tale tutela a carattere petitorio si attua, ai sensi dell'art. 143, lett. b) T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, davanti al tribunale superiore delle acque pubbliche e va invocata direttamente nei confronti della P.A. e indirettamente nei riguardi del terzo contro-interessato che ha dato occasione al provvedimento o al comportamento della P.A.