(massima n. 1)
In tema di concorso di persone nel reato, la desistenza di uno dei concorrenti deve instaurare, perché si riverberi favorevolmente sulla posizione degli altri compartecipi, un processo causale che arresti l'azione di questi ultimi e impedisca comunque l'evento. Ove la desistenza del singolo elimini soltanto gli effetti della condotta individuale, rendendola estranea ed irrilevante rispetto al reato commesso dagli altri o rimasto allo stato di tentativo, di tale desistenza non possono beneficiare gli altri compartecipi, le cui condotte pregresse, conservando intatta la loro valenza causale, hanno prodotto conseguenze ormai irreversibili, funzionali alla consumazione del reato o alla configurazione del tentativo punibile. (Fattispecie in tema di tentativo di estorsione, nel quale la S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha escluso che la desistenza volontaria ravvisata nella condotta dell'autore materiale potesse estendersi al mandante, in quanto l'azione di quest'ultimo aveva integralmente esaurito il suo apporto causale senza essere arrestata dall'azione del primo integrando, quindi, gli estremi del tentativo punibile).