(massima n. 1)
II soggetto che fa valere in sede possessoria, al fine di conseguire la reintegrazione del possesso, non già il pregresso esercizio da parte sua di un potere di fatto sulla cosa corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o di un altro di diritto reale, ma un potere di fatto accompagnato dal riconoscimento di una prevalente situazione giuridica altrui, e cioè la detenzione e non già il possesso della cosa, ha l'onere non solo di specificare ma anche di provare il titolo in base al quale esercitava il potere sul bene. Infatti l'art. 1168 c.c. tutela solo la detenzione qualificata, quella cioè in cui il rapporto di fatto con la cosa è in funzione dell'interesse del detentore, quale mezzo per l'esercizio di un suo diritto, mentre, nel caso di detenzione per ragioni di servizio o di ospitalità, la norma riconosce al solo possessore di conseguire la reintegrazione. Né può rilevare la dedotta sopravvenienza nel corso del giudizio di una situazione pienamente possessoria, in mancanza della prova della interversione del possesso ai sensi dell'art. 1141 c.c. (Nella specie la S.C. ha annullato la sentenza impugnata, che, valorizzando la presunta esistenza di una prova del possesso da parte dell'attore, aveva accolto l'azione di spoglio da lui proposta, benché inizialmente lo stesso avesse precisato di fruire del bene quale conduttore).