(massima n. 1)
Poiché la tutela penale dei marchi o dei segni distintivi delle opere dell'ingegno o di prodotti industriali è finalizzata alla garanzia dell'interesse pubblico preminente della fede pubblica, più che a quello privato del soggetto inventore, il terzo comma dell'art. 473 c.p. - secondo il quale le norme incriminatrici in tema di contraffazione e alterazione dei marchi o dei segni si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale - deve essere interpretato nel senso che per la configurabilità dei delitti contemplati dai precedenti commi del medesimo articolo è necessario che il marchio o il segno distintivo, di cui si assume la falsità, sia stato depositato, registrato o brevettato nelle forme di legge all'esito della prevista procedura, sicché la falsificazione dell'opera dell'ingegno può aversi soltanto se essa sia stata formalmente riconosciuta come tale. (In motivazione la Corte ha precisato come dall'affermazione di tale principio discenda che la tutela penale dei marchi e dei segni distintivi non possa estendersi - contrariamente a quanto avviene in campo civilistico - anche alla posizione interinale del brevettante nel periodo intercorrente tra il momento della presentazione della domanda e quello della concessione del brevetto o della registrazione).