(massima n. 1)
In tema di rinvio dell'esecuzione della pena, ai sensi dell'art. 147 n. 2 c.p., poiché la ratio ispiratrice della norma, in relazione ai referenti di rango costituzionale, è costituita dal divieto di trattamento disumano del condannato (art. 27 terzo comma Cost.) e dall'obbligo di conservare alla pena il principio di legalità (art. 25 secondo comma Cost.), occorre che il giudice valuti, da un lato, l'entità dell'aggravio di pena che indubbiamente comporta l'espiazione in costanza di grave infermità fisica e, d'altro lato, se tale aggravio di pena, compatibile con la certezza della sanzione (e dunque con esigenze di prevenzione generale), non realizzi una violazione del principio di legalità della pena in espiazione e non si risolva in un'inutile violazione del divieto di trattamenti disumani verso il condannato, per la maggiore sofferenza che per lui rappresenta l'espiazione della suddetta pena. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza di rigetto dell'istanza di differimento dell'esecuzione della pena, rilevando che i concetti di gravità del danno fisico, di possibilità di cura di esso all'interno del carcere o all'esterno erano stati tutti risolti in chiave di compatibilità della malattia con la permanenza dello stato di custodia, senza alcuna considerazione per le possibili minori garanzie che, in vista dell'auspicato recupero funzionale degli organi colpiti, potevano offrire gli interventi operatori programmati ove eseguiti in sospensione dell'esecuzione della pena, considerato che anche il supporto psicologico può rivestire importanza rilevante, anche se non decisiva, nella buona riuscita di interventi operatori).