(massima n. 1)
Per la sussistenza del reato di scambio elettorale politico-mafioso, previsto dall'art. 416 ter c.p., non č necessario che, nello svolgimento della campagna elettorale, vengano posti in essere singoli e individuabili atti di sopraffazione o di minaccia, ma č sufficiente che l'indicazione di voto sia percepita all'esterno come proveniente dal clan e come tale sorretta dalla forza intimidatrice del vincolo associativo. (Nel caso di specie, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale che, in sede di riesame, aveva qualificato il fatto come corruzione elettorale di cui all'art. 96 D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, modificando l'originaria imputazione di delitto ex art. 416 ter c.p., ritenendo che la sola qualitā di mafioso del promittente non fosse sufficiente nč a comprovare la collusione fra candidato ed organizzazione criminale nč a dimostrare l'impiego della forza intimidatrice del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento che ne deriva per orientare il voto).