(massima n. 1)
La fattispecie di cui all'art. 374 bis c.p. (false dichiarazioni od attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria) si riferisce a due specifiche attività documentative («dichiarare» e «attestare») e a due specie di documenti («certificati» ed «atti»). Con il certificato si dichiarano dati, fatti e situazioni, di cui si ha cognizione aliunde; con l'atto si attestano fatti compiuti da chi attesta o avvenuti in sua presenza ovvero dichiarazioni da lui ricevute. In entrambi i casi, l'attività è di natura documentativa. Ne consegue che nella parte in cui la consulenza tecnica di parte dichiari o attesti dati, qualità, condizioni essa ha natura certificativa o attestativa: pertanto, ove riporti in modo difforme dal vero detti dati, qualità e condizioni, ricade nella previsione della norma incriminatrice di cui all'art. 374 bis c.p. Per la parte invece nella quale la consulenza tecnica di parte svolge valutazioni e formula pareri o giudizi, detta consulenza non rientra nella previsione della norma incriminatrice dell'art. 374 bis c.p., proprio perché essa non può essere compresa nel novero dei «certificati» e degli «atti». (Nel caso di specie era stato contestato il delitto di cui all'art. 374 bis c.p. ad un medico legale, consulente tecnico di parte, per avere «redatto relazioni sanitarie nelle quali si asseriva falsamente che l'imputato era soggetto a patologia claustrofobica incompatibile con il regime carcerario». La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso del P.M. avverso il provvedimento del tribunale che, in sede di riesame di misura cautelare interdittiva, aveva escluso l'ipotizzabilità del delitto in questione in quanto al medico non era stato contestato di avere certificato dati clinici non veri o di avere attestato condizioni inesistenti, ma di avere fatto una valutazione di maggiore gravità delle condizioni morbose del soggetto esaminato e di avere tratto conseguentemente un giudizio di incompatibilità con il regime carcerario).