(massima n. 1)
È giustificata la pena edittale minima di mesi sei di reclusione comminata dall'art. 336 c.p. per la violenza o minaccia a pubblico ufficiale, sia in sé considerata che in rapporto a quella, sensibilmente più lieve, prevista dall'art. 610 c.p. per la violenza privata, in quanto, innanzitutto, in questa seconda ipotesi non si riscontra quell'elemento teleologico, di notevole gravità, consistente nel costringere il soggetto passivo a compiere un atto contrario ai propri doveri d'ufficio o ad omettere un atto di ufficio. A differenza poi della sanzione minima edittale prevista per l'oltraggio a pubblico ufficiale, ritenuta eccessiva dalla sent. n. 341 del 1994 perché costituente un unicum generato dal codice penale del 1930, frutto di una concezione autoritaria e sacrale dei rapporti fra pubblici ufficiali e cittadini tipica di quell'epoca storica, la pena minima per la violenza o minaccia a pubblico ufficiale era già nel c.p. del 1889, all'art. 187, assai più severa delle blande sanzioni previste per l'oltraggio. Nell'ipotesi di accoglimento del petitum del giudice a quo, infine, si assimilerebbe il trattamento sanzionatorio dell'oltraggio a quello della violenza o minaccia, in aperto contrasto con la evidente maggiore lesività della seconda ipotesi delittuosa rispetto alla prima. (Non fondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, 97 Cost., dell'art. 336 c.p.).