(massima n. 1)
In tema di uso legittimo di armi, nel caso di resistenza posta in essere con la fuga, manca il rapporto di proporzione tra l'uso dell'arma e il carattere non violento della resistenza opposta al pubblico ufficiale. In tale ipotesi il pubblico ufficiale che abbia fatto uso dell'arma non può invocare l'esimente de qua sotto il profilo della putatività, assumendo di aver ritenuto di agire in presenza di una causa di giustificazione, essendo incontrovertibile che l'errore sull'esistenza delle circostanze di esclusione della pena spiega efficacia scriminante quando investe i presupposti di fatto che integrano la causa di giustificazione o una norma extrapenale integratrice di un elemento normativo della fattispecie giustificante, e non quando si risolve in un errore di diritto, sfociante nell'erronea e inescusabile convinzione che la situazione (nella specie: un uomo in fuga) nella quale l'agente si trova ad operare rientri tra quelle cui l'ordinamento giuridico attribuisce efficacia scriminante, giacché diversamente si finirebbe con il considerare inoperante, sul terreno delle cause di giustificazione, il principio generale, posto dall'art. 5 c.p., secondo cui l'ignoranza (inescusabile) della legge non scusa. (Fattispecie in cui un carabiniere, allo scopo di arrestare la fuga di un ciclomotorista che non aveva ottemperato all'invito di fermarsi, aveva esploso vari colpi d'arma da fuoco in direzione delle gomme del veicolo ed uno di tali colpi, rimbalzando, aveva attinto il conducente cagionandone la morte).