(massima n. 1)
Il malore improvviso incide sulla capacità d'intendere e di volere, come coscienza e volontarietà della condotta, e, pertanto, non rientra nella categoria giuridica del fortuito. Ne consegue che spetta all'accusa fornire la prova della capacità del prevenuto, dovendosi stabilire se esso, al momento del fatto, fosse libero di determinare le proprie azioni, e non all'imputato dar prova del verificarsi di un caso fortuito. Tuttavia non basta, in fatti colposi da circolazione stradale, che l'imputato assuma, in un determinato momento del procedimento, di avere perduto il controllo del veicolo per un improvviso malore, perché il giudice sia tenuto a svolgere accertamenti per stabilire le effettive condizioni di salute del conducente al momento del fatto, dovendosi presumere, invece, in mancanza di allegazione di elementi determinati e specifici, che la condotta del soggetto, normalmente idoneo alla guida e capace di autodeterminarsi, sia riferibile ad un'azione cosciente e volontaria e, quindi, liberamente determinata. (Fattispecie di imputato di omicidio colposo in conseguenza della circolazione stradale che solo in sede dibattimentale allegò improvviso malore, non avendone fatta parola né nella immediatezza dell'infortunio, né in sede di esame di polizia, né nel corso della istruttoria, non trovando credito).