(massima n. 1)
In materia di procedimenti cautelari non è ammissibile il regolamento di competenza attesa l'inidoneità dei provvedimenti emessi sia in prima istanza che dal collegio adito ex art. 669 terdecies c.p.c., la cui decisione è sostitutiva dell'atto reclamato ed ha identica natura e funzione ad acquisire efficacia definitiva, tanto più che, con riguardo al provvedimento declinatorio della competenza, l'art. 669 septies c.p.c. prevede che «l'ordinanza di incompetenza non preclude la riproposizione della domanda » ; ove, peraltro, dichiaratosi incompetente il primo giudice, anche il secondo, successivamente adito, abbia pronunciato un analogo provvedimento negativo della propria competenza, dovrà ritenersi applicabile, rispetto a tale decisione, la norma generale di cui all'art. 42 c.p.c. e, conseguentemente, ammettersi l'istanza di regolamento di competenza, non essendo ipotizzabile che l'ordinamento non preveda alcuno strumento processuale attraverso il quale dirimere una situazione in cui non vi sia, di fatto, un giudice obbligato, alfine, a conoscere della domanda cautelare, a meno di non ipotizzare, nel sistema così delineato, un potenziale vulnus ai principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 24 Cost. (Nella specie, il tribunale, davanti al quale era stato proposto reclamo contro il diniego di provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. in materia di lavoro, aveva ritenuto che, a seguito dell'istituzione del giudice unico, dovesse affermarsi la competenza della corte d'appello, la quale aveva, a propria volta, declinato la competenza ; la S.C., affermando il principio di cui alla massima, ha affermato la competenza del Tribunale ritenendo che, stante la chiara formulazione dell'art. 669 terdecies c.p.c., non assumesse rilievo la generale competenza del giudice del lavoro ).