(massima n. 1)
In tema di locazione di immobili urbani, il conduttore che, convenuto in un giudizio di sfratto per morosità, abbia richiesto la concessione del cd. "termine di grazia", manifesta implicitamente, per ciò solo, una volontà incompatibile con quella di opporsi alla convalida, sicché al mancato adempimento nel termine fissato dal giudice consegue "ipso facto" l'emissione da parte di questi dell'ordinanza di convalida ex art. 663 c.p.c., senza che possano assumere rilievo eventuali eccezioni o contestazioni circa la sussistenza e/o l'entità del credito vantato dal locatore sollevate dopo la predetta richiesta di termine per sanare la morosità, giacché, a norma dell'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392, il comportamento del conduttore sanante la morosità deve consistere nell'estinzione di tutto quanto dovuto per canoni, oneri accessori, interessi e spese fino alla scadenza del termine di grazia, senza che l'inadempimento residuo sia suscettibile di nuova verifica sotto il profilo della gravità. Il giudice non ha infatti il potere di valutare se il superamento, ancorché esiguo, del suddetto termine di grazia concesso al conduttore per sanare la morosità costituisca inadempimento grave, ma solo la possibilità di fissare il termine entro il limite minimo e massimo stabilito dal legislatore; e d'altro canto l'obbligazione di pagamento del canone, in mancanza di diversa pattuizione, deve essere adempiuta al domicilio del creditore al tempo della scadenza, e perciò il rischio di ritardo o mancata ricezione restando pertanto a carico del debitore, in quanto attiene alla fase preparatoria del pagamento.