(massima n. 1)
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, solo da un punto di vista formale l'opponente assume la posizione di attore e l'opposto quella di convenuto, perché è il creditore ad avere veste sostanziale di attore ed a soggiacere ai conseguenti oneri probatori, mentre l'opponente è il convenuto cui compete di addurre e dimostrare eventuali fatti estintivi, impeditivi o modificativi del credito, di tal che le difese con le quali l'opponente miri ad evidenziare l'inesistenza, l'invalidità o comunque la non azionabilità del credito vantato ex adverso non si collocano sul versante della domanda — che resta quella prospettata dal creditore nel ricorso per ingiunzione — ma configurano altrettante eccezioni. Pertanto, ove con l'atto di appello l'opponente prospetti una diversa qualificazione del rapporto controverso (nella specie, non in termini di apertura di credito, bensì quale sconto bancario, al fine di dedurre che la banca non avrebbe potuto pretendere la restituzione in via monitoria delle somme anticipate se non dopo che fossero rimasti insoluti i titoli posti allo sconto), si pone un problema, non già di mutamento della domanda, ma di proposizione di nuove eccezioni, consentite secondo il testo originario dell'art. 345, c.p.c. (nel caso tuttora applicabile ratione temporis).