(massima n. 1)
In tema di opposizioni proposte in sede di esecuzione forzata, qualora il giudice di primo grado abbia (come nella specie) erroneamente qualificato la doglianza come «opposizione agli atti esecutivi ex art. 615 c.p.c.», si rende necessario, in sede di giudizio di legittimità — previa rilevazione di un errore che, nella sua patente contraddittorietà, si risolve in una sostanziale mancata qualificazione dell'opposizione proposta —, procedere ad autonoma qualificazione dell'opposizione stessa, tanto ai fini del merito, quanto a quelli della stessa ammissibilità dell'impugnazione, senza tener conto della terminologia adottata dalla parte, e considerato ancora che uno stesso atto di opposizione può sottendere entrambe le forme di opposizione, tanto all'esecuzione quanto agli atti esecutivi. Ne consegue che, nella parte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato su di una opposizione all'esecuzione, il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile (potendo quel provvedimento essere legittimamente impugnato soltanto con l'appello), mentre, con riferimento alla eventuale parte contenente una vera e propria opposizione agli atti esecutivi (legittimamente ricorribile ex art. 111 Cost.), la Corte è, preliminarmente, chiamata ad una verifica di ammissibilità, sotto il profilo della tempestività, dell'opposizione stessa attraverso un esame diretto degli atti del processo.