(massima n. 1)
In tema di esecuzione forzata, quando il giudice dell'esecuzione adotta un provvedimento che nega alla parte istante di proseguire nel processo esecutivo, si è in presenza di un atto esecutivo, contro il quale è dato di reagire nelle forme dell'opposizione agli atti esecutivi, allo scopo di ottenere che l'espropriazione intrapresa possa continuare. Quando, invece, il giudice dell'esecuzione si limita ad adottare i provvedimenti in cui il processo esecutivo si articola, ancorché in ipotesi sia stato sollecitato a pronunziarsi sulla mancanza del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, la reazione contro tali provvedimenti non può essere rappresentata dall'opposizione agli atti esecutivi, ma dall'opposizione all'esecuzione, poiché la ragione della domanda è nella contestazione del diritto a procedere ad esecuzione forzata e il suo oggetto è una pronunzia che accerti che il processo esecutivo non poteva essere iniziato e, quindi, proseguito, cosicché l'annullamento dell'atto cui l'opposizione è rivolta è conseguenza mediata di quell'accertamento. (La S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza che aveva omesso di dichiarare improponibile l'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione, sul presupposto che la parte istante sarebbe stata priva di un titolo che le consentisse di procedere all'esecuzione).