(massima n. 1)
La diversità tra l'opposizione di cui all'art. 615 c.p.c., proponibile anche nella fase della distribuzione del ricavato dalla espropriazione forzata, e l'opposizione di cui all'art. 512 c.p.c., è data dal differente oggetto delle due impugnazioni, l'una concernente il diritto a partecipare alla distribuzione (art. 512) e l'altra il diritto di procedere all'esecuzione forzata (art. 615), dovendosi ricercare l'ambito oggettivo ed i limiti di applicazione dell'art. 512 c.p.c. nel fatto che non possa formare oggetto di controversia in sede di distribuzione, ai sensi di tale norma, la contestazione del diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata. Pertanto, quando non occorra più stabilire, mediante l'opposizione di merito ex art. 615 c.p.c., se l'intero processo esecutivo debba venir meno in modo irreversibile per effetto di preclusioni o decadenze ricollegabili alla pretesa d'invalidità (originaria o sopravvenuta) del titolo esecutivo nei confronti del creditore procedente (o di quello intervenuto, quando anche questi, munito di titolo esecutivo, abbia compiuto atti propulsivi del processo esecutivo, inidonei a legittimarne l'ulteriore suo corso), e quando, perciò, la procedura sia validamente approdata alla fase della distribuzione e non sussista questione circa l' "an exequendum", ogni controversia che in tale fase insorga tra creditori concorrenti, o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione, circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti, o circa la sussistenza di diritti di prelazione, al fine di regolarne il concorso ed allo scopo eventuale del debitore di ottenere il residuo della somma ricavata (art. 510, terzo comma, c.p.c.), costituisce una controversia prevista dall'art. 512 c.p.c., da risolversi con il rimedio ivi indicato.