(massima n. 1)
In ipotesi di malattia professionale non tabellata, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità di eziopatogenesi professionale, questa può essere, tuttavia, ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità. A tal fine non è indispensabile l'espletamento di una consulenza tecnica allorquando, riconosciuta dallo stesso ente assicuratore la sussistenza della patologia in misura indennizzabile, la natura professionale della patologia possa essere desunta, con un elevato grado di probabilità, dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti nell'ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dalla assenza di altri fattori, indipendenti dalla attività di lavoro, che possano costituire causa della patologia. (Nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla Suprema Corte, ha ritenuto non indispensabile, ai fini della prova della natura professionale della patologia, l'espletamento di una consulenza tecnica, sulla base della accertata adibizione del lavoratore, per oltre trenta anni, a lavorazioni che richiedevano l'utilizzazione di compressori e della considerazione che il mutamento delle tecnologie produttive non avrebbe consentito di riscontrare con certezza le condizioni di lavoro esistenti nell'ambiente di lavoro da quando il lavoratore aveva iniziato a svolgere la propria attività).