(massima n. 1)
Nelle controversie soggette al rito del lavoro, la proposizione dell'appello si perfeziona, ai sensi dell'art. 435 c.p.c., con il deposito, nei termini previsti dalla legge, del ricorso nella cancelleria del giudice ad quem, che impedisce ogni decadenza dall'impugnazione, con la conseguenza che ogni eventuale vizio o inesistenza — giuridica o di fatto — della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione non si comunica all'impugnazione (ormai perfezionatasi), ma impone al giudice che rilevi il vizio di indicarlo all'appellante ex art. 421 primo comma, c.p.c. e di assegnare allo stesso, previa fissazione di un'altra udienza di discussione, un termine — necessariamente perentorio — per provvedere a notificare il ricorso-decreto. (Nella specie la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata — con cui il giudice d'appello aveva deciso nel merito la controversia, pure in presenza di una inesistenza della notificazione della vocatio in ius non sanata dalla costituzione dell'appellato, senza avere disposto la rinnovazione della notificazione dell'atto — e ha previsto che il giudice di rinvio avrebbe curato l'attivazione del contraddittorio sul merito dell'impugnazione).