(massima n. 1)
Nel rito del lavoro, l'omessa indicazione, nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti, e l'omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto, determinano la decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi, trovando, però, siffatto rigoroso sistema di preclusioni, un contemperamento - ispirato alla esigenza della ricerca della "verità materiale", cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento - nei poteri d'ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell'art. 437, secondo comma, cod. proc. civ., ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa; poteri da esercitare pur sempre con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in controversia per il riconoscimento del diritto alla rendita professionale, aveva dichiarato inammissibile la produzione documentale dell'appellato volta a contestare il minor grado di inabilità accertato in sede di c.t.u., in quanto i documenti erano stati prodotti soltanto in appello e dopo la chiusura delle operazioni peritali e, quindi, ad istruttoria conclusa, sicché la maturata decadenza nella produzione documentale non avrebbe potuto essere superata neppure con l'evocazione del disposto di cui all'art. 149 disp. att. cod. proc. civ., che impone al giudice di valutare l'aggravamento della malattia verificatosi anche nel corso del giudizio).