(massima n. 1)
La parte vittoriosa nel merito in primo grado non è tenuta a proporre appello incidentale — difettando il presupposto della soccombenza — relativamente ad errati presupposti di fatto sui quali si sia fondata la sentenza che abbia comunque accolto la sua domanda in forza di causa petendi non diversa da quella prospettata. Infatti, solo nel caso in cui si verifichi tale divergenza, la parte che ha proposto la domanda, pur accolta, deve ritenersi virtualmente soccombente, essendo stati rigettati i presupposti della domanda stessa, per sostenere i quali essa è tenuta a proporre ricorso incidentale, allo scopo di evitare la formazione del giudicato. Viceversa, le parti della sentenza che riguardino questioni prive di autonomia rispetto alla situazione di cui si chiede la tutela, e non aventi valore di presupposto indispensabile per la decisione, non sono suscettibili di passare in giudicato. Ne consegue che, in relazione agli stessi, la parte vittoriosa non ha interesse a proporre appello incidentale. (Nella fattispecie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che la parte, la cui domanda di risarcimento del danno da occupazione acquisitiva era stata accolta in prime cure, fosse tenuta a proporre appello incidentale nei confronti della sentenza che la aveva vista vittoriosa, pur erroneamente anticipando la data della accessione invertita, in virtù della circostanza che la irreversibile trasformazione del bene era avvenuta prima della scadenza triennale della occupazione, ciò che aveva dato luogo alla eccezione, in appello, da parte del Comune soccombente, di prescrizione del diritto fatto valere, accolta dalla corte d'appello proprio sul presupposto del difetto di appello incidentale sul punto).