(massima n. 1)
La disposizione di cui all'art. 677, comma 1, c.p.p. — secondo la quale la competenza a conoscere le materie attribuite alla magistratura di sorveglianza appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizione sull'istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l'interessato all'atto della richiesta, della proposta o dell'inizio di ufficio del procedimento — va interpretata in maniera non rigorosamente letterale, nel senso che, da un lato, non può riguardare anche permanenze in carcere del tutto occasionali (appoggi temporanei per ragioni diverse: di transito, di giustizia, di esigenze del detenuto) e, dall'altro, non può ancorarsi al criterio burocratico della sede assegnata dall'Amministrazione penitenziaria, in quanto occorre verificare, caso per caso, se la permanenza del detenuto, per qualsiasi motivo, in istituto diverso da quello di assegnazione ministeriale, abbia quel minimo di stabilità che consenta almeno l'esame della personalità dello stesso, prodromico al trattamento, che è compito del sistema penitenziario nel suo complesso e non può certo interrompersi, specialmente quando la presenza di chi è in espiazione di pena in strutture diverse da quelle di assegnazione e normale destinazione si protragga per periodi di tempo significativi. (Fattispecie nella quale il detenuto, pur risultando assegnato, all'atto della presentazione della richiesta, alla casa circondariale di Vercelli, si trovava, al momento della decisione, da cinque mesi ristretto nella casa circondariale di Matera e per la quale la S.C. ha ritenuto la competenza della magistratura di sorveglianza avente giurisdizione su quest'ultimo istituto, sul rilievo che erano state raggiunte quella stabilità e consistenza di sede sufficienti a consentire conoscenza personale, diretta e continuata del detenuto stesso da parte di quest'ultima magistratura).