(massima n. 1)
L'art. 101 legge fallimentare nel prevedere che i creditori possono chiedere l'ammissione al passivo fino a che non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo fallimentare, pone solo un limite cronologico all'esercizio di tale diritto potestativo (limite logicamente giustificato in considerazione dell'interesse alla domanda, non configurabile con riguardo ad un attivo inesistente), ma non riconosce al creditore l'ulteriore diritto a non vedersi pregiudicato il futuro soddisfacimento del credito, nelle more dell'ammissione, dall'attuazione della ripartizione; ne consegue che la domanda di insinuazione tardiva di un credito non comporta una preclusione per gli organi della procedura al compimento di ulteriori attività processuali, ivi compresa la chiusura del fallimento per l'integrale soddisfacimento dei creditori ammessi o per l'esaurimento dell'attivo, né comporta un obbligo per il curatore di accantonamento di una parte dell'attivo a garanzia del creditore tardivamente insinuatosi, atteso che tale evenienza non è considerata tra le ipotesi di accantonamento previste dall'art. 113 legge fallimentare, la cui previsione è da ritenersi tassativa in quanto derogante i principi generali che reggono il processo fallimentare e perciò insuscettibile di applicazione analogica.