(massima n. 1)
L'estinzione del procedimento di insinuazione tardiva del credito, per effetto della mancata o non tempestiva costituzione del creditore, non preclude, di per sè, la possibilità di far valere successivamente, anche nell'ambito della stessa procedura concorsuale, mediante riproposizione dell'istanza di insinuazione, il diritto sostanziale dedotto, in applicazione della regola, stabilita dall'art. 310, primo comma, c.p.c., secondo cui, in via di principio, l'estinzione del processo non incide sui diritti sostanziali fatti valere in giudizio e sul diritto di riproporli in altro giudizio, rispondendo tale soluzione al principio di autonomia dell'azione rispetto al processo, applicabile anche alla fase, speciale e sommaria ma di natura giurisdizionale, destinata a concludersi con decreto. Invero non può essere estesa in via analogica all'insinuazione tardiva la decadenza dall'azione (in conseguenza dell'"abbandono" della domanda ai sensi dell'art. 98, terzo comma, della legge fall.), la quale si verifica solo per l'opposizione a stato passivo in considerazione della sua natura - estranea all'insinuazione tardiva - di rimedio impugnatorio soggetto al rispetto di termini perentori, senza che assumano rilievo eventuali esigenze di speditezza e celerità, poichè la pendenza dell'insinuazione tardiva non impedisce la chiusura della procedura concorsuale, nè ha effetto in ordine agli accantonamenti previsti dall'art. 113 della legge fall..