(massima n. 1)
In tema di bancarotta c.d. impropria, la particolare fattispecie di cui all'art. 223, comma secondo, n. 2, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, riguardante gli amministratori, i direttori generali, i sindaci ed i liquidatori di società fallite che hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società, si applica anche nell'ipotesi in cui la condotta di una delle anzidette persone abbia aggravato una situazione di dissesto già esistente. L'aggravamento del dissesto deve essere considerato globalmente e non già con riferimento a singole situazioni debitorie, sicché quando l'entità complessiva del medesimo sia comunque rimasta invariata o sia stata persino ridotta, la circostanza che la condotta abusiva abbia incrementato determinate voci di passivo non giustifica, di per sé, un'affermazione di responsabilità ai sensi della disposizione in questione, salvo che non si accerti che la diminuzione del passivo, con riguardo ad altre voci, sia stata causata da fattori autonomi ed indipendenti. Solo in questo caso, infatti, è possibile affermare che, essendo per tali fattori migliorata la situazione, la condotta del soggetto, in sé considerata, ha comunque comportato un peggioramento.