(massima n. 2)
La differenza tra le due ipotesi di bancarotta semplice previste all'art. 217, comma primo, n. 2 e 3 l. fall. (relative, rispettivamente, alla consumazione del patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti ed al compimento di operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento) risiede nel fatto che la prima fattispecie riguarda operazioni “in genere”, aventi ad oggetto il patrimonio dell'imprenditore, consumato, in notevole parte, in operazioni aleatorie od economicamente scriteriate, il cui effetto conclusivo è la diminuzione della garanzia generica dei creditori, costituita proprio dal patrimonio del debitore, ai sensi dell'art. 2740 c.c.; la seconda ipotesi riguarda, invece, operazioni finalisticamente orientate a ritardare il fallimento, ma ad un tempo caratterizzate da grave avventatezza o spregiudicatezza, che superino i limiti dell'ordinaria “imprudenza”, che, secondo la comune logica imprenditoriale, può a volte giustificare il ricorso, da parte dell'imprenditore che versi in situazione di difficoltà economica, ad iniziative “coraggiose”, da extrema ratio, ma ragionevolmente dotate di probabilità di successo, al fine di scongiurare il fallimento. Inoltre, mentre la seconda ipotesi, per via dell'anzidetta finalizzazione che la connota, ha certamente carattere doloso, la prima è, invece, punibile a titolo di colpa.