(massima n. 1)
Per l'ammissione alla procedura di amministrazione controllata (artt. 187 e 188 L. fall.) - il cui fine quello di consentire la prosecuzione dell'attività dell'impresa quante volte possa ragionevolmente presumere il salvataggio, mentre la tutela dei creditori è assicurata unicamente dal controllo della gestione - la legge fallimentare non richiede alcuna valutazione «comparativa» dell'interesse dei creditori, ma esprime l'esigenza che la moratoria ad essi imposta si giustifichi solo nella prospettiva di un integrale soddisfacimento delle loro ragioni (che restano in tal modo sottratte sia alla percentuale concordataria sia alla falcidia fallimentare). Ne consegue che il ristabilimento della vita normale dell'impresa non si realizza con il mero raggiungimento di una situazione di equilibrio fra attivo e passivo, di natura meramente contabile, ma con la dimostrazione, secondo quanto può dedursi dall'art. 193 L. fall., che il debitore è in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, e cioè che egli è in grado di pagare tutti i debiti scaduti, ovvero che abbia ottenuto di differire nel tempo il proprio adempimento a seguito di accordi con i creditori, ed abbia la possibilità di offrire sufficienti garanzie di pagamento per quelli non ancora scaduti, attraverso l'apporto di nuovi capitali che si aggiungano ai risultati utili della gestione controllata dell'impresa.