(massima n. 1)
Nel riconoscere che il concordato preventivo può avere ad oggetto anche la cessione dei beni, il legislatore si è astenuto dall'imporre schemi rigidi di disciplina, lasciando alle parti un'ampia libertà dispositiva, che può manifestarsi anche nella previsione dell'intervento di un terzo a garanzia del soddisfacimento dei creditori nella misura minima stabilita dall'art. 160, comma secondo, legge fall.: e ciò quantunque una formale costituzione di garanzie, nel concordato con cessione dei beni, non sia richiesta dalla legge, essendo l'ammissibilità della relativa proposta subordinata alla condizione che «la valutazione dei beni ceduti faccia fondatamente ritenere che i creditori possano essere soddisfatti» nell'anzidetta misura minima (art. 160, comma secondo, n. 2, legge fall.). Il conseguente concordato c.d. «misto» deve ritenersi tuttavia suscettibile di risoluzione, non risultando ad esso applicabile il disposto dell'art. 186, comma secondo, legge fallim., che esclude la risoluzione del concordato con cessione dei beni «se nella liquidazione dei beni sia stata ricavata una percentuale inferiore al quaranta per cento» in quanto la garanzia del terzo è diretta a rendere effettivo il soddisfacimento dei creditori nella percentuale minima richiesta dalla legge, come nel concordato c.d. «per garanzia» e non vi è quindi motivo per tutelare in modo diverso le aspettative dei creditori stessi nelle due forme di concordato.