(massima n. 1)
Il principio di unitarietà delle procedure concorsuali — fondato sul rilievo che presupposto comune delle stesse è l'insolvenza, anche quando, come nell'amministrazione controllata, essa si traduca in una temporanea difficoltà che solo ex post risulti corrispondente ad un vero e proprio stato di decozione — attribuendo alla sentenza dichiarativa di fallimento la natura di atto terminale del procedimento, in alternativa al naturale sviluppo delle procedure minori, comporta che, ai fini della verifica in ordine al decorso del termine annuale di cui agli artt. 10 ed 11 della legge fallimentare, nel caso in cui la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore defunto o cessato faccia seguito alla mancata omologazione o alla risoluzione o all'annullamento del concordato preventivo, cui l'imprenditore sia stato ammesso, deve tenersi conto della data di ammissione alla procedura minore. Tale regola, tuttavia, non può trovare applicazione nell'ipotesi in cui si tratti di estendere il fallimento di una società, ammessa al concordato preventivo, ai soci illimitatamente responsabili che medio tempore siano receduti o deceduti, o siano stati esclusi dalla compagine sociale: gli effetti del concordato preventivo, infatti, riguardano esclusivamente l'impresa, comportando la parziale esdebitazione del suo titolare e soltanto di lui, e, qualora si tratti di una società, non si estendono alle obbligazioni dei singoli soci, sicché, rispetto a questi ultimi, ai quali il fallimento si estende in via eccezionale e come ripercussione dell'insolvenza della società, non può operare il principio di consecuzione che ne giustifica il coinvolgimento ab imis nella procedura concorsuale, ed il decorso del termine annuale dev'essere valutato con riguardo al momento in cui ha luogo l'estensione del fallimento.