(massima n. 1)
A norma degli artt. 672, comma primo, e 667, comma quarto, c.p.p., contro le pronunce del giudice dell'esecuzione, in materia di amnistia ed indulto, è ammessa soltanto l'opposizione davanti allo stesso giudice; trattasi di rimedio che, pur costituendo — in considerazione delle sue particolari caratteristiche strutturali che lo distinguono nettamente da quelli disciplinati dagli artt. 593 ss. c.p.p. — una semplice rimostranza rivolta al giudice per sollecitare una revisione della sua decisione con il contributo dialettico delle parti, va assimilato ad un mezzo di impugnazione, perché mira anch'esso, in sostanza, alla eliminazione della lesione attuale di una posizione soggettiva tutelata dalla legge. In proposito può pertanto ben trovare applicazione il principio generale dettato dall'art. 568, comma quinto, c.p.p., secondo cui il nomen juris attribuito all'impugnazione non la rende per ciò stesso inammissibile e la sua presentazione ad un giudice incompetente obbliga questi a trasmettere gli atti al giudice competente. (Nella fattispecie, era stato impropriamente proposto ricorso diretto per cassazione in luogo dell'opposizione, e la Suprema Corte, in applicazione del principio di cui in massima, qualificato il ricorso come opposizione, ha trasmesso gli atti al giudice competente per la decisione).