(massima n. 1)
L'applicazione, in sede esecutiva, dell'istituto della continuazione in caso di più reati per i quali siano state pronunciate distinte sentenze di applicazione della pena su richiesta è sempre subordinato, ai sensi dell'art. 188 att. c.p.p., al non superamento del limite dei due anni di pena detentiva, sola o congiunta con pena pecuniaria, trovando ciò giustificazione essenzialmente nella complementarietà logica della suddetta disposizione normativa rispetto alla generale disciplina del «patteggiamento» (caratterizzata da analogo limite), quale prevista dall'art. 444 c.p.p.; complementarietà logica riconoscibile e giustificabile — anche sul piano dei principi dettati dagli artt. 3, comma primo, e 25, comma secondo, Cost. — ove si consideri che, altrimenti, postulandosi l'operatività, nell'ipotesi data, del solo art. 671 c.p.p. (che regola in via generale l'applicazione della continuazione in sede esecutiva), oltre a non potersi più individuare la ragion d'essere dell'art. 188 att., si darebbe anche luogo all'incongruenza costituita dal fatto che l'interessato potrebbe fruire, in sede esecutiva, di vantaggi maggiori di quelli dei quali avrebbe potuto fruire in sede di cognizione, qualora la continuazione fra i vari reati oggetto dei distinti patteggiamenti fosse stata da lui chiesta e ottenuta in detta ultima sede; e tutto ciò senza che in contrario possa neppure invocarsi il disposto di cui all'art. 137, comma 2, att. c.p.p., il quale riguarda soltanto il diverso caso in cui la continuazione in sede esecutiva venga richiesta fra reati per i quali vi è stato patteggiamento ed altri reati.