(massima n. 1)
In tema di imputabilitā di persone concorrenti nel reato, accertata la piena capacitā di intendere e di agire di ciascun singolo imputato, non č corretto dedurre la seminfermitā di mente dall'intreccio delle interazioni e dalle influenze reciproche che si verificano in occasione di una azione collettiva. Dal principio che la responsabilitā penale č personale (art. 27 Cost.) si desume, in negativo, la impossibilitā per il singolo di escludere la responsabilitā di un evento conseguente alla sua azione con riferimento a motivi inerenti all'elemento psicologico e alla imputabilitā che non siano a lui personalmente ascrivibili. L'art. 86 c.p., che prevede la responsabilitā esclusiva di colui che mette altri nello stato di incapacitā di intendere e di volere, al fine di fargli commettere un reato, in luogo delle responsabilitā di colui che in concreto agisce, passa pur sempre attraverso la non imputabilitā (art. 111 c.p.) del soggetto agente, che opera come mero strumento dell'altro con atti materiali privi di qualsiasi nesso psicologico con l'evento a causa della sua incapacitā psichica determinata dal terzo. I rapporti tra coagenti nell'azione criminale e le conseguenze di tali relazioni sono disciplinati dal capo III del titolo IV c.p., in tema di concorso di persone nel reato (artt. 112, 114, 115). L'influenza sul singolo dei comportamenti di terzi č considerata dall'art. 62 n. 2 (provocazione) e n. 3 (suggestione di una folla in tumulto). Al di lā delle attenuanti previste dal legislatore per tali ipotesi, quali correttivi alla netta chiusura rispetto alla rilevanza degli stati emotivi e passionali operata dall'art. 90 c.p., non č consentito desumere dalle suggestioni di terzi elementi da cui trarre conseguenze in ordine alla imputabilitā di un soggetto non ritenuto infermo o seminfermo di mente.