(massima n. 2)
Nel caso in cui al ferimento di una donna - nella specie attinta da colpi di pistola - sia conseguito l'aborto e successivamente - a distanza di alcuni giorni - la morte e siano ritenuti sussistenti gli elementi oggettivi e soggettivi del delitto di procurato aborto di cui all'art. 18 L. 22 maggio 1978, n. 194, tale reato non può essere assorbito in quello più grave di omicidio di cui all'art. 575 c.p. poiché l'evento dell'aborto si è realizzato sul piano fenomenico in modo distinto e anteriore rispetto a quello della morte della donna. Tuttavia, trattandosi di eventi autonomi puniti da disposizioni di legge diverse, cagionati con una sola azione, il reato di procurato aborto deve essere unificato con quello di omicidio ai sensi dell'art. 81, primo comma, c.p. (concorso formale) e non col vincolo della continuazione. (Nella specie il ricorrente sosteneva che dovrebbe escludersi l'applicabilità dell'art. 575 c.p., rientrando la morte della donna nell'ipotesi di cui all'art. 18, secondo e quarto comma, L. n. 194 del 1978, tipica forma di reato progressivo. La S.C. ha invece osservato che, quanto all'evento aggravante «morte», derivante dai fatti indicati nei commi primo e secondo dell'art. 18 citato, esso non deve essere voluto, mentre, qualora la morte o la lesione siano dolose, si risponderà del delitto di cui al primo e secondo comma in concorso formale con le lesioni o l'omicidio, sia nella forma tentata che in quella consumata).