(massima n. 1)
Agli effetti della legitimatio ad causam, del soggetto, convivente di fatto della vittima dell'azione omicidiale di un terzo, viene in considerazione non già il rapporto interno tra i conviventi, bensì l'aggressione che tale rapporto ha subito ad opera del terzo. Conseguentemente, mentre è giuridicamente irrilevante che il rapporto interno sia disciplinato dalla legge, l'aggressione ad opera del terzo legittima il convivente a costituirsi parte civile, essendo questi leso nel proprio diritto di libertà, nascente direttamente dalla Costituzione, alla continuazione del rapporto, diritto assoluto e tutelabile erga omnes, senza, perciò, interferenze da parte dei terzi. Tuttavia non ogni convivenza, anche soltanto occasionale, può ritenersi sufficiente a fondare un'azione risarcitoria: consistendo il danno patrimoniale risarcibile nel venir meno degli incrementi patrimoniali, che il convivente di fatto era indotto ad attendersi dal protrarsi nel tempo del rapporto, esso intanto può essere risarcito, in quanto la convivenza abbia avuto un carattere di stabilità tale da far ragionevolmente ritenere che, ove non fosse intervenuta l'altrui azione omicidiale, la convivenza sarebbe continuata nel tempo.