(massima n. 1)
Il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, fissato dall'art. 112 c.p.c. se non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti nonché in base all'applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall'istante, implica però il divieto del giudice stesso di attribuire alla parte un bene non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nei fatti di causa ma che si basi su elementi di fatto non ritualmente acquisiti in giudizio come oggetto del contraddittorio e non tenuti in alcun conto dal primo giudice. Ne consegue che se nel ricorso introduttivo del giudizio il lavoratore ha impugnato il licenziamento intimatogli nell'ambito della procedura prescritta dagli artt. 4 e 5 della legge n. 223 del 1991 invocando a fondamento della sua domanda specifiche ragioni dirette a comprovare la mancanza di una effettiva causale di detto licenziamento, il giudice non può d'ufficio, al fine di escludere la legittimità (e/o la configurabilità) del licenziamento collettivo, dare rilievo al diverso — e non dedotto — motivo del mancato raggiungimento del requisito numerico minimo di cui all'art. 24, primo comma, della citata legge n. 223.