(massima n. 1)
In pendenza del processo esecutivo, la successione a titolo particolare nel diritto del creditore procedente non ha effetto sul rapporto processuale che, in virtł del principio stabilito dall'art. 111 c.p.c., detto per il giudizio contenzioso ma applicabile anche al processo esecutivo, continua tra le parti originarie, con la conseguenza che l'alienante mantiene la sua legittimazione attiva (ad causam) conservando tale posizione anche nel caso di intervento del successore a titolo particolare, fino a quando non sia estromesso con il consenso delle altre parti. A tale stregua, quando la cessione del credito avviene a processo esecutivo iniziato e, in accordo con il cessionario, č l'originario creditore a proseguirlo, da un canto, il debitore deve risolvere le sue opposizioni contro la parte che procede; d'altro canto, dovendo i principi evincibili dall'art. 111 c.p.c. essere adattati alle caratteristiche proprie del processo esecutivo (per cui la soluzione di determinate questioni incidentali avviene anziché nell'ambito dello stesso processo in distinti giudizi di cognizione, quali quelli volti a decidere sulle questioni concernenti l'estinzione, le opposizioni esecutive e le controversie sulla distribuzione del ricavato), deve conseguentemente riconoscersi, ferma restando la prosecuzione del processo stesso tra le parti originarie, la possibilitą per il cessionario di svolgere le attivitą processuali inerenti all'indicato subingresso nella qualitą di soggetto passivo, e quindi (anche) la facoltą di intervenire, ai sensi dell'art. 111, quarto comma, c.p.c., nel giudizio di cassazione pur non avendo spiegato intervento in primo grado, e pur essendo subentrato nella titolaritą del diritto controverso prima che l'opposizione fosse proposta (essendo all'epoca il processo esecutivo gią iniziato).