(massima n. 1)
L'intervento in causa per ordine del giudice, ex art. 107 c.p.c., ha lo scopo di estendere gli effetti sostanziali del giudicato al terzo, cui il rapporto sostanziale controverso sia comune, ovvero sia connesso per il titolo o per l'oggetto con l'altro rapporto in cui il medesimo si trovi con l'attore o con il convenuto, pertanto, il chiamato in causa è sempre legittimato a proporre impugnazione incidentale adesiva a quella principale od incidentale della parte (attore o convenuto), per evitare che il giudicato sul detto rapporto possa produrre effetti pregiudizievoli su quello ad esso connesso, intercorrente tra lui e la parte al cui gravame aderisce; egli può, invece, impugnare la sentenza, in via principale od in via incidentale autonoma, nella sola ipotesi in cui sia risultato in tutto od in parte soccombente, rispetto alle proprie conclusioni, formulate in modo autonomo, ovvero a pretese fatte valere direttamente contro di lui. (Nella specie, nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, chiesto ed ottenuto da una società, il giudice ordinò la chiamata in causa dell'amministratore unico della stessa. Il tribunale accolse l'opposizione e condannò la società e l'amministratore, in persona, a rimborsare all'ingiunto le spese processuali. La sentenza fu confermata in grado d'appello, con decisione impugnata per cassazione dal solo amministratore, nella sua qualità di chiamato in causa per ordine del giudice. In applicazione del principio di diritto di cui alla massima, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso, affermando che la sola società sarebbe stata legittimata a proporlo, mentre l'amministratore avrebbe potuto proporre ricorso incidentale adesivo a quello principale nella sola ipotesi in cui la società lo avesse formulato, oppure avrebbe potuto proporre anche ricorso principale, ma solo nei confronti di quella parte della statuizione con la quale era stato condannato, in solido con la società, a rimborsare all'ingiunto le spese del giudizio d'appello).