(massima n. 1)
In tema di distruzione o deturpamento di bellezze naturali, l'art. 734 c.p. adotta la tecnica del rinvio formale non ricettizio ad altra fonte, che fornisce le regole di qualificazione della distruzione o deturpamento di quella specie di beni culturali costituito dai beni ambientali. Per definire il concetto di bellezza naturale non può farsi esclusivo riferimento alla L. 29 giugno 1939, n. 1497 che tutela i beni paesistici quale fonte di godimento estetico, ma — alla luce dei principi costituzionali (art. 9 Cost.) — va considerato il bene ambientale unitariamente considerato. Ne deriva che la tutela fornita dall'art. 734 c.p. ha per oggetto le menomazioni permanenti o le distruzioni dell'ambiente, in tutte le sue componenti essenziali, ivi compresa la fauna e la flora. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuta corretta l'applicazione dell'art. 734 c.p. relativamente a ripetuti episodi di inquinamento che avevano provocato estese morie di pesci negli allevamenti e nel fiume, oggetto di speciale protezione paesistica).