(massima n. 1)
In materia di esercizio di cave in zone sottoposte a vincolo ai sensi della L. 8 agosto 1985, n. 431 il fatto che la cava sia in attivitā da lungo tempo (nel caso di specie dal 1961) non č sufficiente ad escludere di per sč la sussistenza delle ipotesi delittuose previste dall'art. 1 sexies della legge e dall'art. 734 c.p. sul presupposto della giā compiuta modificazione dell'ambiente, ma č necessario verificare in ogni caso se l'attivitā č stata legittimamente iniziata (essendo comunque necessaria l'autorizzazione prevista dall'art. 7 della L. 29 giugno 1939, n. 1497 come regolata dalla L. 431/85), se siano state rispettate le prescrizioni della normativa regionale, se si sia giā verificata in fatto un'irreversibile compromissione dei valori paesaggistici, se la prosecuzione dell'attivitā estrattiva sia suscettibile, in astratto, di recare ulteriore pregiudizio al bene vincolato. (Affermando il principio di cui in massima la Corte, rigettando il ricorso avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca del sequestro preventivo, ha affermato che dalla configurabilitā del reato deriva la possibilitā di disporre legittimamente la misura cautelare reale e la insindacabilitā del provvedimento sotto il profilo della inesistenza del fumus commissi delicti).