(massima n. 1)
Tra la fattispecie di cui all'art. 611 e quella di cui all'art. 629 c.p., nella forma consumata o tentata, non sussiste alcun rapporto di specialità che si presenti riconducibile alla nozione accolta nell'art. 15 dello stesso codice, in quanto - a parte la diversità di beni giuridici tutelati dalle due fattispecie - nel primo reato la condotta presa in considerazione dalla legge è quella diretta a costringere altri a commettere un reato, mentre nel secondo reato la condotta incriminata è quella diretta a conseguire - in coerenza con la natura di reato contro il patrimonio che è propria della figura dell'estorsione - un ingiusto profitto con altrui danno patrimoniale, sicché si riscontra in ciascuna delle due ipotesi criminose una diversità di condotte finalistiche, una diversità di beni aggrediti ed una diversità di attività materiali che non lascia sussistere tra esse quella relazione di omogeneità che le rende riconducibili ad unum nella figura del reato speciale ex art. 15 c.p. (In applicazione di detto principio la Corte ha rigettato il motivo con il quale il ricorrente, sulla base di un asserito rapporto di specialità bilaterale e reciproca tra le due fattispecie, sosteneva l'avvenuto assorbimento nel delitto di estorsione di quello previsto dall'art. 611 c.p.).