(massima n. 2)
La disposizione di cui all'art. 1 legge 15 febbraio 1996, n. 66 (norme contro la violenza sessuale), che recita: «Il capo primo del titolo dodicesimo del libro secondo del codice penale e gli articoli. . . sono abrogati», va interpretata nel senso che le condotte, realizzate nella vigenza delle precedenti statuizioni, non sono depenalizzate quando coincidono con quelle introdotte dalla nuova normativa ovvero con quelle comuni disciplinate in altre, già vigenti, ipotesi tipiche del codice penale. In tal caso si verifica una successione di leggi penali nel tempo regolata, per l'assenza di norme transitorie, dai criteri dettati dall'art. 2 c.p.». (Nella specie la S.C. ha osservato che, poiché i giudici avevano ritenuto il fatto di maggiore gravità ed avevano fissato la pena base in anni tre e mesi sei di reclusione, cioè in misura superiore al minimo - tre anni di reclusione - precedentemente previsto dall'art. 523 c.p., doveva essere ritenuta disposizione più favorevole quella precedente, poiché deve farsi riferimento ai massimi edittali (anni otto di reclusione - art. 605 c.p. - superiori, quindi ai cinque anni del ratto a fine di libidine).