(massima n. 1)
In tema di giudizio di equità, rientra fra i principi informatori della materia dell'illecito aquiliano, ai quali è tenuto ad uniformarsi il giudice di pace a seguito della pronuncia n. 206 del 2004 della Corte costituzionale, quello secondo il quale qualsiasi vicenda di danno lamentata da chi agisce in giudizio per il risarcimento deve essere provata dal danneggiato. La prova può essere articolata con ogni mezzo, ivi comprese le allegazioni e le presunzioni semplici, ma la relativa demonstratio deve comunque risultare idonea a consentire al giudice, in applicazione della regula iuris di cui all'art. 116 c.p.c., una valutazione in concreto e cioé caso per caso, anche a prescindere da mere regole statistiche dell'assunto attoreo, rappresentato in termini consequenziali di verificazione dell'evento di danno/conseguenza ingiustamente dannosa, secondo la regola di inferenza probatoria del «più probabile che non ». (Nella specie la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza impugnata relativa ad un'azione risarcitoria per l'impugnativa di un illegittimo accertamento tributario, non risultando in essa in alcun modo evidenziato in che cosa sarebbe consistito il danno subito dall'istante sotto il profilo dell'an e del quomodo di tal che il lamentato stato di malessere della ricorrente, ricostruito dal giudice del merito in termini di «fastidio e stress » non altrimenti qualificato, essendo privo di un sia pur presuntivo supporto probatorio, era da ritenersi inidoneo a fondare la pretesa risarcitoria ).