(massima n. 1)
In materia di procedimento civile, l'applicazione del principio "iura novit curia", di cui all'art. 113, comma primo, c.p.c., fa salva la possibilitą per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite, nonché all'azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, e ponendo a fondamento della sua decisione princģpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale regola deve essere, peraltro, coordinata con il divieto di ultra o extra-petizione, di cui all'art. 112 c.p.c., che viene violato quando il giudice pronunzia oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato; resta, in particolare, preclusa al giudice la decisione basata non gią sulla diversa qualificazione giuridica del rapporto, ma su diversi elementi materiali che inverano il fatto costitutivo della pretesa. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto che la domanda attorea, in quanto basata esclusivamente sulla disciplina di cui alle leggi n. 230 del 1962 e n. 56 del 1987, e sulle disposizioni contrattuali introdotte dall'autonomia collettiva, non potesse essere esaminata, alla stregua della disciplina, applicabile "ratione temporis" alla fattispecie, di cui all'art. 1 del d.l.vo n. 368 del 2001, attesa la notevole diversitą fra le medesime, implicante non una questione di mera qualificazione giuridica, ma la valutazione di una diversa "causa petendi").