(massima n. 1)
Secondo il disposto dell'art. 38, primo comma, c.p.c., nel testo introdotto dall'art. 4 della legge 26 novembre 1990, n. 353 in vigore dal 30 aprile 1995 (in base alle disposizioni transitorie di cui all'art. 90 della stessa legge e successive modificazioni), l'incompetenza per materia - al pari di quella per valore e di quella per territorio nei casi previsti dall'art. 28 c.p.c. - è rilevata, anche d'ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione, con la conseguenza che - diversamente dalla previgente disciplina - il giudice non può rilevare tale incompetenza in ogni stato e grado, ma è tenuto al rilievo officioso entro detta udienza, salvo esaminare l'eventuale eccezione ritualmente proposta dalle parti. Da ciò deriva che la parte può impugnare la decisione di primo grado per ragioni di incompetenza per materia solo ove abbia tempestivamente eccepito l'incompetenza e che, anche in presenza della tempestiva eccezione, la stessa parte è onerata della specifica impugnazione sul punto, ove il giudice abbia invece deciso nel merito, atteso che - venuta meno la possibilità del rilievo officioso durante tutti i gradi del giudizio - l'impugnazione nel merito non implica più la devoluzione al giudice di appello anche della questione di competenza per materia (così come di quella territoriale inderogabile di cui all'art. 28 c.p.c.). (Nella specie, la S.C., alla stregua del principio enunciato, ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza, con la quale il giudice di appello aveva rilevato d'ufficio l'incompetenza per materia, malgrado si fosse formata in primo grado l'inerente preclusione e nonostante il giudice di prima istanza avesse deciso la causa nel merito senza che l'appellante avesse proposto alcuna censura relativa alla competenza per materia).