(massima n. 1)
Le somme che gli enti pubblici percepiscono da privati per l'occupazione o l'utilizzazione di aree di pertinenza pubblica assumono natura tributaria, con la conseguente devoluzione delle relative controversie al giudice tributario, soltanto quando l'esborso trova giustificazione in un rapporto pubblicistico impositivo, rispetto al quale l'uso del bene pubblico o il presumibile vantaggio che il privato riceve dal servizio rappresentano il mero presupposto giustificativo dell'imposizione. Quando invece costituiscono il corrispettivo (ancorché ridotto per ragioni politiche) di servizi ricevuti o dell'utilizzazione del bene, esse assumono carattere privatistico, con la conseguente devoluzione delle relative controversie al giudice ordinario ed esclusione della competenza per materia del tribunale (a meno che non venga in discussione l'uso dei poteri autoritativi spettanti alla P.A., in tal caso ricadendosi nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo). (In applicazione di tale criterio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, emessa dal giudice di pace, la quale aveva attribuito natura privatistica al c.d. canone di posteggio, previsto dall'abrogato art. 3, comma dodicesimo, della legge 28 marzo 1991, n. 112, recante norme in materia di commercio sulle aree pubbliche, risultando accertato che lo stesso costituiva il corrispettivo dei servizi offerti dal Comune per l'organizzazione, la pulizia ed il controllo del sito destinato allo svolgimento del mercato).