(massima n. 1)
I rapporti tra i medici convenzionati esterni e le unitą sanitarie locali, disciplinati dall'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e dagli accordi collettivi nazionali stipulati in attuazione di tale norma, pur se costituiti in vista dello scopo di soddisfare le finalitą istituzionali del servizio sanitario nazionale, dirette a tutelare la salute pubblica, corrispondono a rapporti libero-professionali parasubordinati che si svolgono di norma su un piano di paritą, non esercitando l'ente pubblico nei confronti del medico convenzionato alcun potere autoritativo, all'infuori di quello di sorveglianza, né potendo incidere unilateralmente, limitandole o degradandole ad interessi legittimi, sulle posizioni di diritto soggettivo nascenti, per il professionista, dal rapporto di lavoro autonomo. Ne deriva che, costituito il detto rapporto di lavoro, le controversie che hanno ad oggetto i diritti dei quali il medico lamenti la lesione da parte della ASL, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, la quale non trova deroga a favore del giudice amministrativo per il fatto che la domanda del professionista denunci, quale mezzo al fine della tutela dei diritti scaturenti dal detto rapporto, l'illegittimitą di atti regolamentari o provvedimenti emessi dalla p.a., spettando al giudice ordinario la loro eventuale disapplicazione. (Nel caso di specie il medico convenzionato aveva chiesto l'accertamento del diritto ad una corretta applicazione della Convenzione Nazionale ed, in particolare, il diritto a restare unico titolare di convenzione per la medicina generale, e un bacino minimo di utenza, contrattualmente garantito, infine a non vedersi sviare i propri pazienti da un collega gią titolare di altri due incarichi in un diverso ambito territoriale. Le Sezioni Unite, affermando il principio di cui in massima, hanno poi ritenuto che l'esistenza dei diritti dei quali il professionista lamentava la lesione, concernesse questione attinente alla fondatezza della domanda).