(massima n. 1)
In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile, derivante da circolazione stradale, nel caso di assoggettamento dell'impresa di assicurazione a liquidazione coatta amministrativa, la sentenza intervenuta nei confronti dell'impresa cessionaria del portafoglio — stante il trasferimento dell'accertamento del credito dalla fase della procedura di liquidazione a quello del giudizio ordinario di cognizione instaurato per l'accertamento e la liquidazione del danno, nel quale il commissario liquidatore è parte necessaria - fa stato nei confronti dell'impresa in liquidazione coatta amministrativa. Ciò, tuttavia, non comporta a carico del commissario liquidatore un onere di contestazione (con conseguente preclusione in sede concorsuale allorché sia esercitato il diritto di surroga verso l'impresa posta in liquidazione coatta amministrativa mediante insinuazione al passivo della procedura) in ordine a mala gestio riconducibile, anziché all'impresa in liquidazione, all'impresa cessionaria ed al Fondo di garanzia. Difatti, il commissario liquidatore non ha interesse ad impugnare una sentenza emessa in giudizio di risarcimento nella parte relativa alla condanna dell'impresa cessionaria (e/o del Fondo) al pagamento di interessi e rivalutazione monetaria oltre il massimale di legge, perché, trattandosi di obbligazione non propria, il relativo onere non può non far capo che al soggetto cui sia imputabile il comportamento defatigatorio, e non all'impresa in liquidazione. Deve pertanto escludersi che l'opponibilità alla liquidazione coatta amministrativa dell'accertamento relativo al credito, insito nella pronuncia di condanna emessa nel giudizio di risarcimento, si estenda alla quota dei danni ascrivibili a mala gestio imputabile all'impresa cessionaria.