(massima n. 1)
In tema di risarcimento del danno da fatto illecito, anche se è stato adottato erroneamente dal giudice di primo grado il criterio di liquidazione del danno biologico, utilizzando come parametro di riferimento il criterio di cui all'art. 4 della legge 26 febbraio 1977, n. 39, anziché quello della liquidazione equitativa di cui agli artt. 2056 e 1226 c.c., non può il giudice di appello, senza violare il principio devolutivo, modificare detto criterio in mancanza di specifica impugnazione sul punto. Peraltro, anche se sia stato adottato erroneamente il suddetto criterio di liquidazione del danno biologico, la relativa obbligazione integra un debito di valore, in quanto volto alla reintegrazione del patrimonio della parte lesa nella situazione in cui si sarebbe trovato se non si fosse verificato l'evento dannoso. Ne consegue che l'adeguamento dell'effettivo valore monetario al momento della decisione (rivalutazione) non esige alcuna specifica richiesta della parte, dovendo essere accordato anche d'ufficio, sulla base del solo fatto notorio dell'inflazione, ed anche per il periodo intercorrente tra la decisione di primo grado e quella di appello, salva un'espressa manifestazione di volontà contraria del danneggiato.