(massima n. 1)
La circostanza che il comma 2 dell'art. 14 del D.P.R. n. 115 del 2002 esclude la rilevanza degli interessi per la individuazione del valore ai fini del contributo unificato, mentre essi sono considerati dall'art. 10, secondo comma, c.p.c. rilevanti ai fini dell'individuazione del valore della domanda ed il fatto che la dichiarazione della parte in funzione della determinazione del contributo unificato è indirizzata al funzionario di cancelleria, cui compete il relativo controllo, escludono decisamente ogni possibile partecipazione di tale dichiarazione di valore alle conclusioni della citazione, cui allude il n. 4 dell'art. 163 e, quindi, la possibilità di considerare la dichiarazione come parte della «domanda», nel senso cui vi allude il primo comma dell'art. 10 citato, quando dice che «il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti» e fra queste dell'art. 14 c.p.c. (Sulla base di tale principio — espressamente dichiarato valido anche in relazione al regime di cui all'art. 9 della L. n. 488 del 1999 — la Suprema Corte ha escluso che la dichiarazione di valore per il contributo fosse valsa a ricondurre il valore della causa, relativa a somma di danaro, nel limite della competenza per valore secondo equità del giudice di pace in funzione — anteriormente al D.L.vo n. 40 del 2006 — della ricorribilità in cassazione e non dell'appellabilità, in presenza di una domanda proposta con richiesta di una somma di valore indeterminato e, quindi, corrispondente, ai sensi dell'art. 14 c.p.c., al massimo della competenza del giudice di pace adìto).